MESE: agosto 2016
DIFFICOLTA’: EE
VALUTAZIONE: ****
PREPARAZIONE TECNICA/FISICA: ***
NOTE: consigliato in salita, partendo dal Rifugio Cavazza, prendere il sentiero n.666 che attraversa la Val Tita, e non come abbiamo fatto noi, che siamo saliti lungo il ghiaione detritico fino a Sella Pisciadù (molto stancante e franoso)
Partendo di buona mattina dal Rifugio Cavazza, abbiamo intrapreso il sentiero, che si sviluppa sulla sponda destra del laghetto e siamo risaliti un ghiaione franoso e molto faticoso con evidenti tratti ceduti, a causa dell’erosione dell’acqua sotterranea. Essa scorreva impetuosa nel sottosuolo in quei giorni a causa delle piogge appena cadute, ed il rumore tumultuoso che giungeva da sotto i nostri piedi, era davvero una sensazione insolita! Alla fine di questo ripido ghiaione detritico ci appare dinnanzi un nevaio, affiancato da una parete rocciosa attrezzata con cavo, ma, di primo acchito poco invogliante… infatti, il cavo era a tratti divelto, probabilmente il ghiaccio invernale aveva staccato parti della roccia di ancoraggio. Questo breve tratto attrezzato su roccia instabile e franosa, che noi abbiamo abilmente evitato risalendo il nevaio e qualche roccetta, conduce diretto alla Sella Pisciadù. A questo punto ci ritroviamo sopra un esteso altipiano roccioso, e l’impressione è quella che doveva aver avuto Armstrong quando mise per la prima volta i piedi sulla Luna… ovviamente tralasciando la variabile gravità! Una distesa arida di roccia calcarea , un ambiente estremamente arso ed inospitale si era palesato ai nostri occhi… ma altrettanto affascinante nella sua asprezza. Ad un certo punto vediamo segni di umanità: alcuni cartelli di indicazione ci aiutano nell’orientamento e, poi, osservando meglio, scopriamo che sopra questa distesa vi erano numerosi sentieri che si diramavano in varie direzioni. Ahimè ci accorgemmo a breve, che non ci trovavamo sulla Luna e neppure in un luogo isolato, bensì in una delle zone dolomitiche più frequentate dai turisti! Individuiamo subito il cartello che indica la direzione per il Rifugio Boè, la nostra prima tappa! Ci incamminiamo lungo leggeri saliscendi fino a raggiungere la Sella d’Antersas. Da questa sella, affacciandoci nel vuoto possiamo ammirare un imponente campanile roccioso, che si eleva maestoso dalla Val di Mezdì, valle chiusa e franosa che si sviluppa sotto di noi e raggiunge l’abitato di Colfosco. Il suo attraversamento ci è stato sconsigliato da numerosi gestori di rifugi in loco, in quanto la Val di Mezdì a tratti è franata a causa della neve e del ghiaccio invernali, presenta un cavo metallico arrugginito e ceduto in varie parti, e la manutenzione del sentiero, sfortunatamente, viene molto trascurata per il fatto che questa vallata (paesaggisticamente molto bella) non presenta particolari servizi graditi al turismo, e per questo motivo, in quanto “non portatrice di denaro”, viene lasciata a se stessa….
Dalla Sella di Antersas abbiamo raggiunto il Rifugio Boè seguendo un comodo sentiero, rifugio che con i suoi scuri di legno bianco e azzurro alle finestre, era ben visibile già dalla sella. Dal Rifugio Cavazza al Rifugio Boè abbiamo impiegato circa 4 ore, considerando che il primo tratto, la risalita del ghiaione, era molto impegnativo…
Dal Rifugio Boè parte il sentiero, in realtà sulle cartine appare come “traccia” di sentiero, che circa in 1 ora ci conduce in cima del maestoso Piz Boè. Questo sentiero è caratterizzato da un brevissimo tratto attrezzato ( salita e discesa diversificate), che non necessita né di imbrago né di set da ferrata, in quanto si tratta di un semplice passamano non esposto, che rende la salita ancora più divertente! Guardando a terra si iniziano a vedere frammenti di roccia rosa/rossa… è il cosiddetto “rosso ammonitico”, che colora la parte interna di queste montagne: queste zone in epoca molto antica erano sommerse dall’acqua, si trattava di una specie di laguna, abitata da vari animali acquatici, e, ancora oggi, incastonati nelle sezioni di roccia si possono trovare fossili di molluschi. La colorazione della roccia del Piz Boè è davvero insolita: ci si allontana dal bianco colore del calcare dolomitico per dare spazio alle tinte nere, arancioni e rosse… inoltre, la forma di questa montagna non può dirsi “elegante”, bensì “massiccia”! Sulla cima del Piz Boè si trova la Capanna Fassa (3152 mt), un piccolo rifugio in legno, dove non manca nulla… fanno addirittura il caffè di Moka (con tanto di cartello che lo pubblicizza!!). Da questa vetta sembra di dominare su tutto il resto del mondo: la vista spazia a 360°, di fronte a noi si erge la maestosa Marmolada, coperta dal suo candido mantello di neve e ghiaccio… pare di poterla toccare… si vede il Sass Pordoi (e la Funivia del Pordoi, che permette al turismo di massa di fagocitare queste montagne…ma, troviamo anche il lato positivo di questo impianto: tante famiglie possono portare i loro bambini a scoprire cosa vuol dire trovarsi a 3000mt!!) ..si vede il Civetta..la Cima Pisciadù… il Passo Sella… si intravedono i prati, che in inverno si trasformano in stupende piste da sci. Da quassù si domina il possente Gruppo del Sella, una sensazione di meraviglia ci investe… viene a mancare, invece, l’effetto di suggestione che solitamente deriva dal silenzio che la montagna regala: in vetta c’erano talmente tante persone
rumorose, che sembrava di trovarsi all’Ikea in una domenica di pioggia!! D’altronde la vetta del Boè, oltre ad essere raggiungibile mediante 2 vie ferrate (Cesare Piazzetta e Ferrata del Vallon) si può raggiungere anche su comodo sentiero, che parte dalla stazione a monte della funivia Pordoi. Questa comodità fa sì che, arrivando ad una certa quota con gli impianti e camminando un paio di orette si riesce a a raggiungere la cima tranquillamente: ed ecco spiegato il motivo di questa congestione turistica a 3000 mt!
La DISCESA si sviluppa per la stessa via di salita.
CONSIDERAZIONI : al posto di prendere il ghiaione detritico dal Rifugio Cavazza consigliamo di imboccare il sentiero n.666, che conduce verso la Val Tita, e raggiungere il piz Boè da questa direzione. Suggeriamo di utilizzare questo sentiero sia in ANDATA che in RITORNO, evitando così la Sella Pisciadù, franosa e poco sicura.
Giovedì 26.08.21
Da Colfosco: Sentiero 650-651 (Val Mesdì) – 676 (Rifugio Cavazza) – 676 (Sella Pisciadù) – Cresta al Piz Miara (2.964 m)
Rientro per lo stesso sentiero.
Tempi percorreenza: 7h circa
Sul breve tratto attrezzato presente al termine del sentiero 676 il secondo fittone é divelto dalla roccia con cavo lasco per 4 metri circa (prestare attenzione)