Rifugio Pierfortunato Calvi

Località: Sappada
Altitudine: 2167m s.l.m.
Gruppo: PERALBA
Cartografia: Tabacco 1:25000 n.01 “Sappada, Santo Stefano, Forni Avoltri”
Apertura: giugno – settembre
Telefono rifugio: +39 0435.469232 oppure 339.5620276
E-mail: rifugio_pfcalvi@libero.it
Internet: http://www.rifugiocalvi.it/
Posti letto: n. 60
Locale invernale: Sì
Gestore: Famiglie Galler e Pachner [CAI]



Storia:
26.9.1926 – Inaugurazione del Rif. Pier Fortunato Calvi. Costruito nel 1925 per iniziativa della Sez. Cadorina del CAI, successivamente assegnato alla Guardia di Finanza, ritornato alla destinazione primitiva nel 1938, rioccupato dalla Guardia di Finanza durante la Seconda Guerra Mondiale. Riaperto il 14.8.1949, ristrutturato nel 1954, ceduto alla Sez. di Sappada del CAI nel 1955, più volte restaurato, da ultimo nel 1994. Nel 1987 un evento che farà storia: la visita di Papa Giovanni Paolo II. Pier Fortunato Calvi (1817-1855), eroico difensore del Cadore nel corso dei moti risorgimentali del 1848, giustiziato dagli austriaci a Belfiore (Mantova).
 

Pubblicato in Rifugio | Contrassegnato | Lascia un commento

Ferrata Furlanova – Plezalna pot

Partenza

Partenza

MESE: luglio 2016

DIFFICOLTA’: EEA

VALUTAZIONE: **

PREPARAZIONE FISICA: **

TEMPO TOTALE ITINERARIO SALITA/DISCESA : 2 h

DISLIVELLO :500 mt. Se si arriva fino alla vetta del Monte Tura


Arrivati con l’auto nell’abitato di GRADISCE PRI VIPAVI (Slovenia), ci siamo insinuati per stretti vicoli rurali alla ricerca del KAMP TURA, luogo da cui la nostra escursione sarebbe partita. Ad un tratto, ci è apparsa davanti una chiara indicazione, che ci invitava  a proseguire dritti ( con qualche curva inaspettata..)fino all’aprirsi dell’ampio parcheggio, annesso all’omonimo centro sportivo “Tura”.

Era già pomeriggio inoltrato, ma il mese estivo ci faceva ben sperare in una luminosità, che perdurasse fino a tarda sera. L’unica incognita, che si frapponeva tra la nostra voglia di intraprendere il cammino e la ferrata, era la pioggia latente: sul fondo della Valle del Vipacco un muro di nembi bluastri, non si decideva ad avanzare, era immobile e fermo..Solitamente siamo molto prudenti, quindi la nostra decisione fu di avviarci fino all’attacco della via e poi decidere in base al tempo.

Dopo aver recuperato dal bagagliaio zaino, caschetti, imbraghi, una borraccia e una bottiglietta, piene di acqua fresca ( mai farsi mancare l’acqua durante un’escursione!una delle prime regole quando ci si appresta a faticare è idratarsi continuamente!e sorsi piccoli mi raccomando!) ci siamo mossi alla volta del Monte Tura. La vetta si può raggiungere in due varianti: o lungo il sentiero che attraversa il bosco, oppure mediante la via più diretta e attrezzata chiamata “Plezalna Pot”( Ferrata Furlanova, nella traduzione italiana). Ovviamente, trovandosi in Slovenia, troveremo sempre le indicazioni con il nome sloveno, quindi, Ferrata Furlanova non lo vedremo scritto da nessuna parte.

panorama

panorama

Nelson ed io, quel pomeriggio, avevamo deciso di allenarci un po’ i previsione dei nostri progetti estivi, quindi senza indugio si è optato per salire la via attrezzata.

Dal parcheggio ci siamo inoltrati nel boscho seguendo la prima indicazione “GRADISKA TURA”, che mandava a destra, poi, arrivati ad un bivio , ove è presente un grande pannello, con struttura in legno, indicante gli itinerari e le falesie della zona, noi abbiamo seguito il sentiero verso sinistra ( a destra , invece,si andava alla chiesa di S.Nicola). Abbiamo iniziato a salire, lasciando sulla nostra sinistra un ghiaione e, da qui in poi, il sentiero comincia svilupparsi in maniera più ripida tra sassi, con la tipica truttura calcarea, e vegetazione rigogliosa. Dopo circa 15 minuti di cammino si incontra un secondo bivio, andando a destra si prosegue per il sentiero nel bosco (Pes Pot), girando a sinistra si giunge all’attacco della ferrata.

Ferrata verticale

Ferrata verticale

Dopo una partenza ripida e verticale, garantita da un cavo ben teso e dalla presenza di alcune staffe, si giunge in un secondo tratto, che permette di riprendere un po’ il fiato, sempre ben assicurato. La roccia è buona,ruvida,presenta buoni appigli per le mani ed appoggi di buona tenuta, nel qual caso si volesse arrampicare senza utilizzare il supporto del cavo. Personalmente, un aiutino da parte del cavo, perlo meno nelle parti più ripide ed esposte , io l’ho gradito volentieri!

Il panorama, lungo tutto il percorso, è a dir poco spettacolare, in quanto permette di ammirare a 360° i verdi vigneti della valle del Vipacco, inoltre, in quella giornata che preannunciava un temporale imminente, i contrasti cromatici di cielo e terra risultavano ancora più accesi. Una meraviglia! Risalendo un canalone, sempre ben attrezzato, si raggiunge un bivio: dirigendosi a sinistra si arriva ad una terrazza panoramica in legno, costruita artificialmente con belle tavole robuste anche se un po’ datate.., per permettere allo sguardo di ammirare l’orizzonte, riuscendo anche a sedersi su una comoda panca per prendere fiato.Mentre, proseguendo dal bivio verso destra, il canalone si restringe un po’ fino ad un traverso, che porta ad uscire e a trovarsi nuovamente in una posizione molto esposta. Ultimi metri di salita in verticale, completamente esposti, dove appigli artificiali e staffe metalliche aiutano nella progressione, fino a giungere alla fine di questa bellissima ferrata, dove si imbocca il sentiero escursionistico, fino a raggiungere la vetta del Monte Tura ( 793 mt.,libro di vetta).

Noi, viste le condizioni metereologiche non favorevoli (aveva già iniziato a piovigginare..), abbiamo preferito ripiegare e scendere imboccando il “Plezalna Pot” di rientro. La discesa è molto semplice, ancora un paio di tratti attrezzati, più per rassicurare la psiche, che per necessità vera e propria. La discesa si sviluppa nel bosco di abeti e faggi, fino a raggiungere nuovamente il parcheggio del centro sportivo.

Per concludere, personalmente ho trovato la ferrata Furlanova molto bella, corta, non difficile, ma per nulla banale, da ripetere piacevolmente!

Pubblicato in Ferrata | Contrassegnato , | Lascia un commento

Laghi D’Olbe e Monte Lastroni (2449 mt)

LAGHI D’OLBE E MONTE LASTRONI (2449 mt)


veduta del Monte Lastroni

veduta del Monte Lastroni

MESE: LUGLIO 2016

DIFFICOLTÀ: E

VALUTAZIONE: ***

PREPARAZIONE FISICA: *

TEMPO TOTALE SALITA FINO ALLA VETTA E DISCESA : 6 h

SALITA FINO AI LAGHI: 2 h ½


cascatella nel bosco

cascatella nel bosco

Per affrontare questa stupenda escursione naturalistica ( muniti unicamente di zaino, acqua e bastoncini da trekking) siamo partiti dal versante di Sappada ( l’alternativa è partire dal Rifugio Sorgenti del Piave e fare il Passo del Mulo), parcheggiando l’auto alla Baita del Rododendro. Da lì un sentiero nel bosco (che, attualmente è in fase di ampliamento per renderlo .. sfortunatamente ..una strada carrozzabile..)inizia a salire. Il percorso è ben segnato ( sentiero n.138) e, passando in mezzo ad alti abeti e , successivamente cespugli di pino mugo, con il piacevole rumore dello scorrere dell’acqua del Rio Miniera che ci accompagna e ci delizia di una sensazione di frescura, dopo circa un’ora e mezza di cammino ci ritroviamo su un verdeggiante e aperto altopiano, adibito a pascolo. Dove beate e placide mucche di razza alpina ruminavano gioiose la fresca erbetta, alternata a gustosi fiorellini multicolore, tra cui stupendi cespugli di rododendri in fiore. Sembrava di essere giunti in un eden di silenzio e natura, dove la frenesia e il caos della vita di tutti i giorni non potevano raggiungerci.. non c’era nulla che potesse interrompere la pace che si respirava su quel vasto pianoro.. e dire che, senza neppure saperlo, ci trovavamo dietro gli impianti di risalita del comprensorio invernale di Sappada 2000..quindi quei prati verdi erano piste da sci!!!

monte Ferro alle spalle di Sappada

monte Ferro alle spalle di Sappada

Fortunatamente la chiusura dell’impianto in questo periodo (l’apertura è ad agosto e settembre)ci ha garantito una camminata tranquilla, senza la presenza di troppo turismo vacanziero. Notavo che da questo altipiano si diramano una miriade di sentieri semplici, adatti alle famiglie, tra cui quello che, passando vicino ad una piccola cappella, conduce ai Laghi d’Olbe: due bei laghi di montagna, dall’acqua verde scura e limpida, abitati da tanti pesciolini!

Lago d'Olbe con riflesso Cresta Righile

Lago d’Olbe con riflesso Cresta Righile

Cappella sul lago d'Olbia

Cappella sul lago d’Olbia

 

 

 

 

 

 

 

finestra della grande guerra con vista sul monte Peralba

finestra della grande guerra con vista sul monte Peralba

 

Dal lago una tabella in legno, indicante il Monte Lastroni, ci suggerisce ancora un’ora di cammino per la vetta. Da qui in poi il sentiero diventa un po’ meno agevole ma mai pericoloso, basta fare un po’ di attenzione a dove si mettono i piedi. Via via che ci si avvicina alla cima si possono osservare resti di postazioni militari, tra cui una bella “ finestra “ artificiale che si apre sul Monte Peralba e sul Rifugio Calvi. Da queste postazioni ancora circa 15 minuti di salita un po’ più ripida e , seguendo una traccia di sentiero si raggiunge la vetta del Monte Lastroni con croce di vetta.

Sfortunatamente, quel giorno il tempo era un po’incerto, ed al momento del nostro arrivo in cima, è scesa una nebbia fitta che ha avvolto la montagna.. insomma non siamo riusciti a vedere nulla del panorama circostante! Foto e merenda e siamo scesi in fretta, anche perché lassù soffiava un vento abbastanza gelido! In seguito, leggendo qua e là notizie sul Monte Lastroni, ho scoperto che “avere il cappello di nubi” non è poi cosa tanto rara per questa montagna.. anzi! Pare siano più le persone che hanno fatto l’ascesa con le nuvole, di quelle graziate da una giornata di cielo limpido.. quindi, un monte avvolto un po’ nel mistero ,che aumenta la suggestione e la voglia di ritornare con il sole!

la vipera

la vipera

Il ritorno avviene per lo stesso percorso di salita ..e.. nella nostra discesa abbiamo anche fatto un incontro inaspettato, quello con la vipera Aspis, la vipera nera, molto pericolosa e velenosa ..e Nelson che si divertiva a stuzzicarla!!!

Pubblicato in Escursione | Contrassegnato , , , | Lascia un commento

Via Ferrata del Monte Chiadenis

(O VIA FERRATA DI GUERRA- versante nord-est, O VIA FERRATA CAI PORTOGRUARO –versante sud-ovest)


Vista dalla cima del Chiadenis

Vista dalla cima del Chiadenis

MESE: LUGLIO 2016

DIFFICOLTA’: EEA

VALUTAZIONE: ****

PREPARAZIONE FISICA/TECNICA: ***

TEMPO TOTALE ITINERARIO: 6 h

TEMPO TOTALE FERRATA (SALITA+DISCESA): 4h

DISLIVELLO: 650 mt


Eccoci qua per raccontare una nuova esperienza in ambiente montano!

Sentiero attrezzato dei Fortini

Sentiero attrezzato dei Fortini

Questo weekend Nelson ed io abbiamo deciso di fare visita alle bellissime cime della non distante Sappada (BL), per affrontare in giornata la Ferrata del Monte Chiadenis. Siamo partiti dalla calda Trieste in tarda mattinata, arrivando al parcheggio sottostante al Rifugio Calvi verso mezzogiorno… sole allo zenit, ma un piacevole venticello che avrebbe reso la salita meno faticosa! Piuttosto di risalire il già conosciuto e ripido (anni fa eravamo stati sul Monte Peralba) “Sentiero delle Marmotte”, questa volta, sotto suggerimento di Nelson (che non si oppone mai al fascino dell’ignoto…a differenza della sottoscritta.) abbiamo svoltato a destra al primo bivio dopo l’inizio del sentiero, seguendo l’indicazione “SENTIERO ATTREZZATO DEI FORTINI” ( per esperti). Ottima intuizione: si tratta

Sentiero attrezzato sotto il Chiadenis

Sentiero attrezzato sotto il Chiadenis

di un interessante itinerario molto panoramico che attraversa i resti di postazioni militari della Grande Guerra, passando lungo il fianco sud-orientale del Monte Chiadenis. Arrivati alla forcella, che domina il Rifugio (dove sono visibili postazioni militari della guerra ancora parzialmente intatte) l’occhio cade su una targa in bronzo in prossimità di un cavo d’acciaio, che porta la scritta” Via ferrata C.A.I. Portogruaro 1975”: ma come? Lo stesso monte ed una ferrata di nome diverso? Poi, informandomi, tutto mi è risultato più chiaro: da qui ha inizio la salita sud-ovest del monte Chiadenis e la ferrata prende il nome dal gruppo che ha ripristinato nel 1975 l’antica via attrezzata… inizialmente con una catena! Noi abbiamo deciso di percorrerla in discesa, mentre la via di salita prende il nome di “Ferrata del Chiadenis” o “Ferrata di Guerra” ed è quella che sale dalla parete nord-est, si tratta del percorso più classico, in quanto è meglio salire dalla parte più difficile.

Dopo circa un’ora di cammino dal parcheggio (anche meno escludendo le soste foto), abbiamo raggiunto il Rifugio Calvi, dove ci siamo concessi una breve pausa di ristoro, per poi ripartire alla volta del Chiadenis. Seguendo il sentiero n.132 in mezz’ora scarsa siamo arrivati al Passo Sesis, dove si trovano varie frecce di indicazione, tra cui quella che segnala la direzione verso l’attacco della salita nord-est del Chiadenis. Da qui, lungo un sentiero abbastanza esposto, caratterizzato da saliscendi continui e franosi a tratti, dopo una decina di minuti circa ci troviamo all’attacco della ferrata sotto l’imponente parete nord del Chiadenis. All’attacco (targa bronzea “via ferrata di guerra”) la mia prima impressione, guardando questa parete verticale che si innalza, è stata:” O mamma mia!” Già la partenza è molto atletica, e la forza nelle braccia combinata ad una buona tecnica, per salire questa via, risultano decisamente necessarie. Diciamo, che non la consiglierei ad un neofita della roccia… rischierebbe di arrestarsi al sorgere di una passione che riempie il cuore di emozioni…e sarebbe un peccato… Per gustare a pieno quello che la montagna vuole trasmettere, innanzitutto, bisogna salirla divertendosi, a cuor leggero… la paura, come non è una buona compagna di vita, non lo è neppure di via!

Torniamo a noi… inizialmente, la roccia è buona, abbastanza ruvida, con appoggi visibili, da subito sale verticale, si tratta di una ferrata che non lascia quasi mai il tempo per prendere veramente fiato… Il primo ostacolo che si incontra è un masso, incastrato trasversalmente, che bisogna superare (meglio da sopra!) e, al di là di esso, un passaggio in discesa molto esposto con cavo, parzialmente staccato… Per il resto della ferrata il cavo è ben teso, questo è l’unico punto in cui ho notato una certa trascuratezza di manutenzione! Da qui si inizia a salire il primo dei numerosi e ripidi camini del Chiadenis. La prima parte della salita è decisamente quella più ardua ed impegnativa sia da un punto di vista fisico (passaggi verticali, roccia liscia e levigata in certi punti…) sia mentale (numerosi sono i punti dove ci si trova in forte esposizione). Al termine del primo camino, che mette già alla prova, ci si trova in una strettoia verticale, per superare la quale serve una buona forza di braccia, in quanto la roccia è mancante di appoggi e appigli buoni. Io ero senza zaino, ma Nelson che lo portava, è riuscito a superare questo collo di bottiglia con non poche difficoltà, incastrandosi in alcuni punti. Quindi, se si volesse dare un consiglio: zaini piccoli, leggeri e poco ingombranti per la salita al Chiadenis! Si continua per verticali strette e abbastanza insidiose, facendo molta attenzione a non smuovere i sassi, in quanto ce ne sono molti di liberi che possono cadere, colpendo chi sta sotto di noi! Noi eravamo da soli, ma non sarebbe stata una salita divertente se avessimo avuto davanti altre persone, in quanto il pericolo della caduta sassi è notevole.

A volte si esce su qualche spigolo e poi nuovamente ci si immette in un altro canalone, in questo caso con alcuni manici in metallo che aiutano nella progressione. Siamo alla fine della cosiddetta parte più difficile, ma anche parecchio stanchi, quindi ciò che arriverà dopo risulterà altrettanto difficile… Da qui si apre una cengia molto esposta (a destra troviamo resti di fortificazioni della guerra), che, ad un certo punto scende. Poi, si passa dentro una sorta di corridoio chiuso sul lato dello strapiombo, si risale uno spigolo aereo e si arriva ad un terrazzo. Qui inizia l’ultimo camino verticale, che si affronta stanchi e desiderosi di arrivare in vetta al più presto, facilitato dalla presenza di staffe. Affrontata l’ultima facile parete arriviamo in vetta del tanto sospirato Chiadenis (mt.2459). Il panorama che si apre sulle montagne circostanti è sublime: ai nostri sguardi si staglia un anfiteatro spettacolare di possenti colossi di roccia: Peralba, Coglians, Antelao, Alpi Austriache! In vetta è presente una Madonnina ed il libro delle firme, di tutti coloro che dopo tanta fatica hanno potuto godere di questo dono …, tra le quali da oggi c’è anche il nostro nome!

Vista del monte Peralba dalla vetta

Vista del monte Peralba dalla vetta

Una faticosa salita ben ricompensata… ma ora, è tempo di scendere, è già tardo pomeriggio… e, come la salita non è risultata banale, non lo è neppure la discesa. La direzione è indicata dagli “ometti”, si affronta un primo tratto in cresta dove si alternano parti attrezzate a parti aeree senza cavo…. Da qui si comincia la vera e propria discesa, che, dopo una prima parte in quota, ad un certo punto la pendenza diventa parecchio verticale. Un alternarsi di paretine e placche più o meno insidiose (ed anche in questo caso forza nelle braccia e tecnica sono necessarie!) fino a raggiungere una cengia. Fino a qui sembra che il peggio sia passato e si tende a rilassarsi, ma sfortunatamente non è ancora il momento… l’ultimo tratto, appigliato ma esposto, seguito da una parete liscia, da affrontare in costante trazione e aderenza d piedi (presenza di un cavo e di una catena) ci conducono all’ultima facile cengia che finisce alla sella, dove ci sono i resti delle costruzioni belliche, di cui si parlava prima. Da qui tramite un facile sentiero in dieci minuti si arriva al Rifugio Calvi.

vista del monte Lastroni dal Peralba

vista del monte Lastroni dal Peralba

La nostra discesa è avvenuta durante il tramonto, erano le otto di sera ed eravamo ancora in parete, e anche l’orario ha reso questa esperienza ancora più suggestiva… un ricordo che ci accompagnerà per sempre.

In conclusione, e ovviamente il mio è un parere modesto che vuole fungere solo da consiglio, si tratta di un’escursione impegnativa, che necessita di una buona forma fisica e di preparazione tecnica, dove non bisogna trascurare il dispendio di energie necessario alla discesa.  Ferrata che sicuramente consigliamo, a chi ha già un po’ di esperienza, perché, non regalando nulla, si fa conquistare con l’impegno e la concentrazione, ma, poi riesce a riempire l’animo di entusiasmo una volta arrivati in vetta!

Pubblicato in Ferrata | Contrassegnato | Lascia un commento